Disponibile su tutte le piattaforme digitali “Fantasmi di carta”, il nuovo album di Giuseppe D’Alonzo. Un disco con un sound blues rock accompagnato da testi cantautorali e profondi. Andiamo conoscere meglio l’artista e la genesi del disco.
Ciao Giuseppe, abbiamo ascoltato il tuo nuovo album. Puoi raccontarci chi sono questi “fantasmi di carta”?
Sono esserini carini, che mi vengono a far visita e mi raccontano delle storie. Con questo album ho finalmente voluto dargli una voce, una identità, e addirittura una forma: il “Guerriero di Capestrano” che da buon abruzzese porto sempre nel mio universo immaginario. Dal mio punto di vista sono guerrieri in armi di carta che combattono per mantenere viva la fiamma dell’arte, della creatività in una società sempre più incline alla razionalità, alla perfezione. Ma hanno anche un’altra chiave di lettura, sono anche guardiani che controllano dei criceti umani all’interno dei loro loculi a rappresentare anche la doppia valenza dell’arte, evasione ma anche prigione, per gli artisti che non ne possono fare a meno in un mondo che assimila sempre di più l’arte al prodotto. Tutti lottiamo con i nostri fantasmi, con i nostri “mostri”, riuscire a stabilire un contatto con loro è qualcosa di straordinario, liberatorio, genera un flusso creativo inaspettato. Sto parlando metaforicamente della nostra anima, di quello che ha da raccontarci, di quello che tenta di urlarci
quotidianamente con una voce sempre più attutita da tonnellate di informazioni che boicottano costantemente la comunicazione.
Personalmente uno dei brani che mi è piaciuto di più è “Vecchia Berger” per il suo suono avvolgente e delicato. Ma vorrei sapere, qual è il tuo brano preferito dell’album?
Devo dire che Vecchia Berger è anche una delle mie preferite, oltre che per la musica anche per il testo. Un giovane ragazzo alle prese con un difficile e impacciato amore per una ragazza bipolare. Ovviamente chi scrive un album è fortemente legato a tutte le tracce, ma alcune sono sicuramente più rappresentative, se ad esempio dovessi sceglierne una da suonare ad un importante festival, suonerei proprio Fantasmi di Carta.
Come nascono solitamente le tue canzoni, prima il testo o la melodia?
Nella maggior parte dei casi nasce un’idea che prende forma in musica e testo, quindi contemporaneamente. A volte però ho anche scritto prima il testo e altre volte prima la melodia, ma in genere l’idea di canzone prende forma dal mood del momento che ispira musica e parole.
C’è un brano del disco che è nato in maniera più problematica? Se sì, qual è?
Devo dire che la parte più problematica di alcuni brani è risultata la scelta, coraggiosa per i tempi, dell’utilizzo dell’armonica a bocca. È un album nato molto con la chitarra acustica, quindi molti assoli sono nati proprio con l’armonica che suono sin da piccolo essendo un appassionato di Blues. Fino ad ora però avevo scelto sempre di suonare gli assoli con la chitarra elettrica, questa volta ho deciso di mantenere l’armonica lì dove l’assolo era nato con l’armonica, tranne in Fantasmi di Carta in cui alla fine ho optato per una chitarra slide distorta, proprio perché il brano è uno dei più “rock” dell’album. Devo dire che fino all’ultimo ero indeciso ma l’assolo slide in post produzione ha reso di più. Quindi direi che Fantasmi di Carta è stato il brano più sofferto, anche per la scelta dell’auto- tune spinto al massimo sulla voce per avere un effetto quasi “robotico” che non avevo mai utilizzato.
Quali sono gli artisti da cui prendi ispirazione? C2 General Da sempre amo il blues e il rock, ed essendo di estrazione chitarrista non posso non ispirarmi a Hendrix, Eric Clapton, e molto altri bluesman, ma ascolto anche molta musica meno datata, adoro
Elliot Smith, Nick Drake, ovviamente tutte le grandi band della fine anni ’60 e tutti gli anni ‘70 e ’80. Però se mi chiedessero chi ascolto di più oggi, risponderei di sicuro Bob Dylan. È stata per me una riscoperta, lo ascoltavo da ragazzo ma con orecchie diverse, oggi dopo tanta musica scritta e suonata, tante contaminazioni, torno spesso e volentieri su Bob: “Girl from the north country, “You’re a big girl now” e molte altre, sono dei capolavori assoluti di cui non riesco a “stancarmi”.
Forse, inconsciamente, mi sono deciso ad introdurre l’armonica su questo ultimo cd, proprio in suo onore, le sue canzoni devono avermi infuso il coraggio necessario per una scelta così impopolare oggi in Italia…
Come è nata l’idea del video di “Fantasmi di carta”?
Volevo esprimere il disagio di chi oggi vuole fare arte, musica, in un contesto in cui le canzoni vengono utilizzate per lo più come sottofondo di un tiktok in cui qualcuno si prova un abito, fa una sfilata, si mette e toglie un cappello…insomma scegliete voi la “coreografia”. È davvero dura rendere l’arte così superficiale. Più che artisti ci si sente degli impiegati che mettono in fila note musicali facendo bene attenzione
al responso degli algoritmi di intelligenza artificiale che pilotano sempre più lo standard da utilizzare, entro quanti secondi deve rivelarsi il ritornello di una canzone, il tipo di video più adatto al brano e alla moda e così via…
Io ho voluto ignorare tutto questo e fare un disco come si faceva una volta, ovvero un disco di pancia esprimendo quello che sento senza veli. Credo che Michele Bernardi sia riuscito a cogliere molto bene i miei messaggi e a mettere a video le mie idee in maniera a mio avviso egregia.
Ora che hai pubblicato un album, quali sono i tuoi prossimi step?
Promuoverlo un po’ in giro per piccoli club in versione acustica e lavorare in studio al prossimo singolo che uscirà in primavera.
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