Fuori dal 9 dicembre “Underdogs”, l’ep di STON e Seabass anticipato dal singolo “The Pac-man effect”. Sei brani con beat elettronici a cui si legano sound diversi. Abbiamo brani con un retrogusto rock e alcuni più vicini al pop, ma la base di tutti e un’accattivante elettronica anni ’80.
Ciao ragazzi, come è nata la vostra collaborazione?
Ci siamo conosciuti in ambito teatrale amatoriale: seabass faceva il tecnico luci e componeva la colonna sonora degli spettacoli mentre io facevo l’attore. Sapendo usare l’impianto tecnico e componendo musica per conto mio, molto spesso collaboravamo insieme per sistemare l’equalizzazione o perfezionare i brani
musicali. Da lì, abbiamo cominciato a sentirci anche fuori dall’ambiente teatrale per dei progetti personali: qualche volta ci si sentiva per un contributo con la chitarra su alcuni brani oppure per delle aggiunte di synth in altri. Quando è arrivata l’occasione con Underdogs, abbiamo veramente unito le forze per portare all’ascoltatore qualcosa di speciale.
Parlateci di Underdogs, qual è la sua storia?
“Underdogs” è un termine sportivo che indica un atleta, o una squadra, che viene dato per sfavorito dai pronostici. Ciò che riteniamo interessante del termine è che sembra negativo all’apparenza ma in una competizione sportiva l’underdog è sempre il favorito dal pubblico indipendentemente dalle statistiche. Alla fine nella musica indipendente e underground ciò che vuole veramente l’artista è suscitare una reazione su chi ha avuto la curiosità di ascoltare il suo brano, quell’effetto sorpresa che ti permette di emergere nonostante tu sia relegato sul fondo delle classifiche, dove regnano gli artisti più ascoltati e che spesso diventano un muro per gli emergenti. Questo in pratica è essere un “underdog” nel mondo della musica. Notando che il progetto è stato realizzato proprio con l’idea di dare il massimo delle capacità di entrambi per poter avere il risultato migliore possibile, ci sembrava un titolo adeguato a descrivere cosa sanno fare due artisti indipendenti che cercano di trovare il proprio posto nel panorama musicale.
Qual è il brano preferito di questo EP?
Secondo me il primo brano in quanto è la concretizzazione del concetto che stiamo cercando di trasmettere con questo EP. Inoltre, è quello che tra tutti è cambiato in modo più drastico rispetto alle idee originali e in un certo senso trascina subito l’ascoltatore all’interno dell’intero progetto con la sua dinamica. In poche parole, secondo me spacca!
Cosa vi ha avvicinato alla musica?
La musica mi ha sempre accompagnato fin da piccolo: mio padre era batterista di un piccolo gruppo e mia madre organizzava le serate musicali per le scuole in cui insegnava e faceva parte del coro degli insegnanti. I nostri viaggi di famiglia erano segnati da Cd e audiocassette ascoltate in macchina. Poi alle medie è arrivata la prima “band” e lì ho cominciato ad avvicinarmi alla musica in un modo più pratico, usando la strumentazione di mio padre a disposizione a casa mia. Poi, dopo aver preso un po’ più confidenza con gli strumenti, ho cominciato a buttarmi sulle prime composizioni e produzioni da solo e in compagnia di altre persone, con i miei genitori come primi giudici del mio lavoro (e, a distanza di tempo, lo sono ancora oggi in un certo senso).
Dopo l’EP collaborerete ancora?
Abbiamo già avuto modo di parlare di un altro progetto in comune e sono venute fuori delle vecchie bozze e idee per altri brani tenute nel cassetto. Quindi si, c’è l’idea di un eventuale “underdogs 2”… anche se pensiamo di fare un progetto diverso rispetto a questo EP
Prossimi progetti?
Oltre a questa idea di una nuova collaborazione, seabass ha già in cantiere altri singoli e collaborazioni con altri artisti, mentre io sto lavorando al mio secondo EP (anche se è ancora in fase di concepimento). Di più non possiamo aggiungere, per non rovinare l’effetto sorpresa.
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