Leandro Rodríguez è un ragazzo cubano di 23 anni appena compiuti. Ha sempre vissuto con la famiglia a Santa Clara, dove stava per laurearsi in ingegneria meccanica. Sua mamma, Estella, prima dell’emergenza Covid-19 gestiva la sua casa particular, un alloggio privato che accoglie i turisti in stile bed and breakfast. Il padre Alfredo lavorava per la compagnia statale dei servizi ferroviari, mentre Alma, la sorella diciottenne, sta finendo con successo i suoi studi superiori, sognando di poter frequentare l’università delle scienze informatiche.
Nei primi giorni di gennaio 2022 le loro vite cambiano per sempre. Il 19 gennaio inizia il viaggio di Leandro, insieme al padre ed all’ennesima carovana di migranti irregolari. Obiettivo comune è quello di raggiungere il Messico o gli Stati Uniti, in cerca di una vita migliore. Per farlo devono attraversare i paesi del cosiddetto “Triangolo Nord” (Guatemala, Honduras e El Salvador) dove dal 2018, a causa di nuove restrizioni statunitensi e la militarizzazione dei confini messicani, la migrazione legale dei centroamericani è stata sempre più disincentivata, creando così i presupposti per la migrazione illegale e rendendo il cammino sempre più difficile e pericoloso. La storia è vera. A raccontarla è Estella, che ci chiede però di usare dei nomi di fantasia. Molte persone, ci dice, sono state multate per aver pubblicato sui social queste notizie.
Ma facciamo un passo indietro. Non vogliamo vendervi un’idea, non vogliamo parlarvi della logica disumana che sta dietro all’embargo imposto dagli Stati Uniti d’America dal 1962, né del regime di Miguel Diáz-Canel, successore dei fratelli Castro. È solo la storia di una delle tante famiglie cubane che oggi, dopo sessant’anni di embargo e due di pandemia, si sono trovate di fronte ad un terribile dilemma: fuggire dalla propria patria o rimanervi sotto un sistema che ormai gli rende impossibile anche solo sopravvivere.
Leandro e suo padre non hanno un visto ufficiale per entrare in Messico. Vogliono arrivare a Valladolid, cittadina nel centro della penisola dello Yucatan, e legalizzare la loro posizione una volta stabilita la residenza. Questo viaggio, oltre ad essere pericoloso, è costato alla famiglia tutti i risparmi di una vita. Per pagare gli spostamenti e le “scartoffie” burocratiche per la legalizzazione si sono dovuti indebitare, vendendo pezzo dopo pezzo anche i mobili di casa. Se le cose andranno bene un giorno tutta la famiglia potrà trasferirsi a Valladolid ed iniziare una nuova vita. Si sono rivolti ad un avvocato perché, come sempre, c’è chi specula sulle disgrazie, vendendo a caro prezzo residenze false. L’ambasciata messicana, ci dice Estella, è un vero e proprio “supermercato”. C’è chi ha denunciato che pagando salate tangenti dei funzionari corrotti garantiscono dei visti fino a 10 anni per il Messico.
Estella, rimasta sola a casa con la figlia, piange e prega. Il figlio ed il marito hanno con sé un telefono, ma non sempre riescono a dare notizie. Gli spostamenti tra un confine e l’altro avvengono quasi sempre di notte. Non sanno mai quando dovranno lasciare un posto per un altro. Le tappe vengono decise all’improvviso ed il tragitto viene pianificato di volta in volta. Leandro ed il resto della comitiva, composta da uomini e donne tra i 20 e i 50 anni, sostano alcuni giorni nel piccolo villaggio di Solonlí (Nicaragua) vicino al confine con l’Honduras. Il viaggio è lungo. Si sentono soli lontano da casa e dalle loro famiglie. Estranei uniti dal comune destino di lasciarsi alle spalle una vita di stenti.
Il 26 gennaio ripartono. Sette automobili sfrecciano silenziose nella notte passando per strade secondarie. Finalmente Leandro ed i suoi compagni attraversano il confine tra il Nicaragua e l’Honduras. Non si possono riposare molto. Il tempo è tiranno e nel giro di pochi giorni attraversano il confine hondurengo con il Guatemala. Si muovono a tappe. Si spostano cambiando autobus di città in città, finché finalmente riescono ad attraversare il confine con il Guatemala. Ora il viaggio rallenta. I valichi di frontiera si fanno più difficili. La traversata deve essere affrontata nuovamente in notturna. Nel loro nuovo alloggio temporaneo si scambiano con un altro gruppo di cubani partiti alcuni giorni prima di loro.
Il 31 gennaio finalmente ripartono. Nel frattempo Estella, a Cuba, passa la mattina a pregare per il figlio ed il marito. In quella grande casa ormai vuota a Santa Clara, sola con la figlia, la madre è nervosa. Questa situazione le fa salire i nervi a fior di pelle. La frontiera guatemalteco-messicana è segnata dal fiume Usumacinta. L’ultimo tratto per arrivare in Messico lo faranno stipati in delle improbabili barche traballanti. Altri, meno fortunati, rischiano la vita guadando il pericoloso fiume. Per farlo usano le loro maglie: legando le maniche creano una catena di fortuna. Qualche volta muoiono nel tentativo. Leandro è fortunato. A mezzogiorno del 01 febbraio sia lui che il padre arrivano sani e salvi in Messico.
Dopo alcuni giorni di silenzio, finalmente ad Estella squilla il telefono e le arriva la notizia più bella. “Al fin Leandro acaba de llegar a Valladolid. En la foto con su papá. Hoy cumple 23 años y comienza una vida nueva. Gloria a Dios” (Finalmente Leandro è appena arrivato a Valladolid. Nella foto con suo padre. Oggi compie 23 anni e inizia una nuova vita. Gloria a Dio).

Sarebbe bello poter dire che è una storia a lieto fine, ma il cammino di Estella e della sua famiglia è ancora molto lungo. La famiglia è ancora oggi smembrata, e stanno cercando un modo per ricongiungersi. L’attuale situazione di Cuba è terribilmente triste. La maggior parte delle famiglie ha difficoltà a vivere la giornata. Nemmeno il “Periodo Speciale” degli anni Novanta, quando c’era tanta scarsità di beni, può essere paragonato a questi giorni. Le farmacie, così come i negozi alimentari, sono vuoti. Gli ospedali sono al collasso. La profonda crisi economica e l’alto tasso di povertà sono alla base di questo nuovo flusso emigratorio. Questo fenomeno è particolarmente preoccupante. Questa nuova migrazione crea reti di sfruttamento, contrabbando, traffico di persone – per lo più donne e ragazze che sono costrette a prostituirsi o svolgere lavori domestici in condizioni di schiavitù. I cittadini cubani diventano così vittime di gruppi criminali e truffatori. Il 3 marzo 2022 gli USA hanno annunciato la volontà di riaprire il loro consolato all’Avana, chiuso dal 2017. Il blocco dei visti e l’inasprimento senza precedenti delle misure coercitive stanno rendendo la vita sempre più impossibile, e la chiusura del consolato ha avuto un impatto diretto sulla vita dei cubani. Da allora e fino a tutto il 2021, il governo statunitense ha concesso solo 4000 visti per i migranti cubani ai propri familiari, creando così ulteriore incentivo per l’emigrazione irregolare.


Tutto ciò sta accadendo ora nel silenzio generale. Nel 2020 l’Italia ringraziava Cuba che, nel pieno della pandemia, inviava in Lombardia ed in Piemonte la Brigata Henry Reeve, composta da medici ed infermieri altamente specializzati nel trattamento delle malattie infettive. L’anno successivo il governo italiano votava contro una risoluzione presentata al Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu per chiedere lo stop delle sanzioni economiche imposte a Cuba da parte degli USA. Oggi, il minimo che possiamo fare per ringraziarli, è mantenere alta l’attenzione sul destino dei nostri fratelli cubani.
Riferimenti utili:
https://www.instagram.com/cubanosdelmundo/?hl=it
Categorie:America
Importantissima testimonianza. Non possiamo rimanere inerti di fronte a storie come questa. È giunto il momento che ciascuno faccia la sua parte. Grazie a Life Factory Magazine per aver acceso un riflettore su questo tema così importante.
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