“Banner Blindness” è un album che alle diverse influenze dei suoi componenti affianca collaborazioni di grande spessore a partire da Roberto Angelini e Carmelo Pipitone (Marta sui Tubi)
Come è nata la vostra band? Chi sono i vostri ascolti abituali?
La band nasce nel circuito underground di Roma, dove in un modo o nell’altro ci si conosce un po’ tutti. È vero che è un gruppo di rock “americano”, ma servivano musicisti in grado di suonare qualsiasi genere relativo al rock. Quindi non è stato affatto semplice. Abbiamo tutti influenze differenti, molto differenti. Abbiamo dei punti d’incontro, ma diciamo che siamo bravi soprattutto a incentrarci sul bene dei brani, quindi in sala mettiamo da parte stili e personalismi e cerchiamo di fare il meglio che possiamo.
“Banner Blindness” è il vostro primo full lenght. Con che spirito avete creato questo disco? Mi parlate della sua genesi?
C’era una mail con almeno 25 o 30 brani iniziali, da cui poi abbiamo tirato fuori 8 dei 10 brani che sono sull’album. Abbiamo passato circa 7 o 8 mesi in sala per migliorare dinamiche e fare migliori arrangiamenti, per poi entrare in studio, dove però ci sono stati altri stravolgimenti (principalmente colpa mia, Kreky). Abbiamo anche ri-registrato un brano, Spotlights, che prima si chiamava “A thousand pieces”, ed era senza un ritornello sing-along. All’inizio c’era molto entusiasmo, volevamo fare un album “fresco”, pur utilizzando gli strumenti classici del genere. C’è stata però una netta evoluzione nelle ultime canzoni registrate, basta sentire “Average” o “Moonless Sky”.

“Banner Blindness” affianca collaborazioni di grande spessore a partire da Roberto Angelini e Carmelo Pipitone. Come è stato collaborare con loro?
Sorprendente. Non tanto per la loro bravura, quella è scontata, come era scontato che il loro contributo avrebbe perfezionato i brani.
Sono due musicisti affermati e che non hanno bisogno di troppe presentazioni, ma la loro gentilezza e disponibilità ci hanno davvero spiazzato.
“Banner Blindness” è un atto di sincerità, dove le chitarre elettriche e l’hammond si esprimono e trovano nuova linfa, discostandosi dalla costante pressione culturale e mediatica. Mi potete commentare queste parole?
Chitarre, batteria, piano/hammond e basso: abbiamo utilizzato gli strumenti classici del rock, con l’intenzione di non far uscire il classico suono anni ’90 o ‘70 ma – allo stesso tempo – di non farci influenzare dalle tendenze delle classifiche, anche da quei rari esempi in cui ancora emergono chitarre, ormai bandite dalla musica pop. Non è facile esprimere la propria idea, anche musicale, se è in controtendenza con tutto quello che la circonda.
Svecchiare, rimodernare, mettere a punto.
Possiamo dire di averci provato e in qualche caso, ci siamo riusciti.
“Cecità selettiva”. Perché avete scelto questo tema?
Perché è un meccanismo di autodifesa che si può applicare in tantissimi casi. È venuto in mente a Luca, il nostro batterista, dopo aver letto i testi, in particolare quello di Moonless Sky, che è un po’ il riepilogo di tutto l’album. I troppi input, la pressione continua – ad esempio i banner pubblicitari ai lati dei nostri schermi, quando visitiamo un sito web – portano inevitabilmente a questa cecità selettiva, nel bene e nel male.
Questo, rapportato alla vita di tutti i giorni
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