Dal 4 Marzo 2022 è disponibile sulle piattaforme digitali “CARO LUCIO RISPONDO” (Red Phonics Records), il nuovo disco di Sergio “Rossomalpelo” Gaggiotti che contiene il singolo in radio “Arance amare”
Life Factory Magazine ha intervistato Sergio Gaggiotti
“CARO LUCIO RISPONDO” (Red Phonics Records), il nuovo disco di Sergio “Rossomalpelo”. Di cosa parlano le canzoni di questo tuo disco? In questo disco, che è completamente dedicato a Lucio Dalla, invento una corrispondenza tra me e lui dando seguito alla lettera che Lucio inviò al caro amico nel brano: “L’anno che verrà”. Ho immaginato e realizzato nove testi nei quali gli rispondo raccontandogli questo nostro tempo, questo nostro presente pieno di contraddizioni e indicibili calamità. Il tempo che tutti abbiamo subito nelle forme che sappiamo e con obblighi ai quali mai si era risposto prima, non la mia generazione almeno. Così ho scritto decidendo di affrontare con realismo s speranza il tempo vissuto, ho scelto momenti significativi e emozioni contrastanti, ho scelto il dolore per una perdita e la felicità quasi fanciullesca di sedersi di nuovo al tavolo di un bar nella città che di nuovo e dopo molto rivive di caotico umano movimento. Ecco il disco è questo in sostanza, fotografie di attimi ed emozioni che muovono dal silenzio dell’isolamento al turbinio di vita che di nuovo vuole essere vissuta.
Con quale artista o band italiana del momento vorresti collaborare? Spiegaci anche il perché… Questa domanda è difficile, semplicemente perché sarei portato a rispondere: Con tutti. Certo ci sono artisti con i quali sogno da sempre di collaborare, con alcuni in verità ho raggiunto il mio piccolo sogno ma moltissimi mancano all’appello. Sono un artista invisibile, uno tra moltissimi e difficilmente potrò avere questa possibilità, ma visto che mi si chiede un sogno io il mio sogno lo
svelo: Mina, Massimo Ranieri, Ben Harper, Renato Zero. Mi fermo qui altrimenti li cito tutti. Le motivazioni sono semplici: io scrivo musica e parole, arrangio i miei brani scrivendo per gli altri strumenti, e l’idea di ascoltare una mia composizione suonata da un’orchestra che accompagna uno di quei nomi sarebbe impareggiabile come sensazione e la realizzazione di un sogno. Ci sono poi i giovanissimi Maneskin, con i quali sfiderei il mondo con azzardi di brani FreeRock moderno basato sul racconto trasversale di generazioni in lotta col reale. Mi fermo qui.

Quale è il filo rosso che unisce le tue canzoni? A cosa pensi quando scrivi una canzone?
Scrivendo prima il testo scelgo l’argomento, organizzo le parole secondo una disposizione personale che tiene conto delle significanze e dei significati, le parole sono suoni che traducono il reale in modo molto specifico, minuzioso, perfetto e sceglierle, tra le migliaia che la nostra lingua possiede è lavoro certosino, obbligatorio, volontario, divertente; soprattutto però questo tipo di scrittura cosciente offre la possibilità di non essere fraintesi anche quando si sceglie una forma più
ermetica. Siamo noi ad avere il potere di condurre l’attenzione di chi legge indirizzandola verso il nostro più intimo percorso. Dopo il testo viene la musica e qui le cose si fanno ancora più divertenti perché non c’è nessuna restrizione, nessun limite ideologico, compositivo o di genere che imponga scelte in merito. Ciò che succede è “vestizione”. Inventare un abito sonoro che sappia supportare le
parole con la loro stessa forza, per contrasto o per similitudine di “ambiente”, comporre è scrivere traducendo quei suoni significanti in note e accordi, melodie e armonie senza legami o dettami, costruzioni armoniche legate insieme dalle regole che vigono nel nostro mondo musicale cercando di superarne i limiti, imponendo sconfinamenti in ambiti mai percorsi, sostanzialmente divertirsi a comporre seguendo il semplice respiro che offrono parole scritte in precedenza. Se posso osare indicare un legame tra le mie canzoni è questo, libero divertimento cosciente.
Il videoclip di “Arance Amare” è stato girato nella casa di Sergio Gaggiotti. Come è stato girato?
Raccontaci tutto per bene….
Sì, ho girato il video da solo e in casa. Ho scelto di seguire questa linea non perché io fossi in grado di farlo, semplicemente perché l’intero disco è stato realizzato in solitudine e in casa. Un computer, una scheda audio e la mia chitarra sono stati gli strumenti con i quali in quei giorni di solitudine imposta ho scelto di combattere. Così è stato per il video. Ho voluto realizzarlo da solo e non è stato facile, molto divertente ma non facile. Innanzitutto perché non ne so nulla di tempi e luce, di
fotogrammi e qualità video, insomma ho dovuto studiare, ho letto molto cercando di capire ma alla fine mi sono arreso alla sola volontà di portare avanti l’idea di realizzarlo e così ho deciso: ho preso un cavalletto, una telecamera minuscola, li ho montati insieme, ho scelto una posizione, una “location” per usare un termine colto, ho usato le lampade di casa staccandole dalla loro posizione e usandole come fari, come luci teatrali, muovendole e coprendole fino a quando ciò che vedevo nel
piccolissimo schermo della fotocamera non fosse simile all’idea che avevo del colore della scena, per usare un altro termine preciso. Poi le corse divertenti da dietro la fotocamera fino al centro della scena, schiacciare il testo “Rec” e via di corsa davanti all’obiettivo. La cosa più antipatica è stato rivedermi per tagliare e montare le scene utili al mio disegno. Nessuna sceneggiatura, solo un’idea di come avrei voluto fossero le immagini finali. Posso dire, ora che l’ho fatto veramente, che lo rifarò. È troppo divertente, è libertà e semplice voglia di mostrare quello che si ha in mente.
Categorie:interviste, Musica
Rispondi