La meccanica del divano di Francesco Dezio

Francesco Dezio è un autore che da sempre con i suoi lavori scuote e invita il lettore alla riflessione. In particolar modo sul tema lavoro, tema a lui fortemente caro che è stato già affrontato nell’opera “Nicola Rubino è entrato in fabbrica”.

Tra gli anni Sessanta e gli anni Venti del secolo in corso, la classe operaia italiana si è via via accomodata sui divani fabbricati da Natalino Manucci. È lui l’uomo nuovo, è lui il boss dei divani. È partito dal basso, dalla modesta bottega di un tappezziere pugliese e adesso è uno degli imprenditori più ricchi al mondo nel settore arredamento.

Ad aiutarlo nel suo sogno americano Made in Puglia sono intervenuti il miracolo economico e i numi tutelari del Capitale: i prototipisti del settore e un coro di amministratori delegati di holding sparse in tutto il globo. L’invidia se li mangia sani sani a Nuccio e Michele, due giovani operai che negli anni Ottanta decidono di diventare come lui. I loro strumenti? Obbedienza prona alle leggi del Capo, sfruttamento di manodopera cinese e un’inesauribile voglia di sesso. Con uno stile unico, comico e provocatorio, che impasta dialetto pugliese, gergo aziendale e linguaggio dei social, Francesco Dezio torna alla letteratura postindustriale con la prima rappresentazione tragica del lavoro.

Recensione:

Ne “La meccanica del divano” Dezio non disattende le aspettative e costruendo il suo lavoro come un’antica tragedia greca realizza un romanzo corale dove a narrare sono certamente i protagonisti con i loro successi e le loro cadute ma anche il mercato. Sì, il mercato. Perché con molta astuzia egli parte dal descrivere il boom degli anni Sessanta sino ad arrivare alla crisi degli anni Duemila e da qui al nostro presente. Il mercato, in particolare, è dettato e governato da una polifonia di soggetti che con un incedere diverso regolano le leggi che ne fanno parte. Che si tratti di influencer o CEO o di qualunque altro soggetto che governa gli spot e i mood attuali.

In questo scenario di cambiamento si contrappone il passato e la staticità di un mondo che talvolta non sembra riuscire a stare al passo dei suoi stessi tempi.

Quasi come se il cambiamento fosse talmente rapido da sfuggire allo stesso mondo che ne è protagonista e diretto interessato. Tra queste pagine ci troviamo in Puglia ad Infernominore, località teatro e scenario delle vicende dove Natalino Manucci, partito come tappezziere si risveglia con una holding quotata nella Borsa newyorkese. Un sogno di ricchezza che è ambito anche dai suoi ex operai che ne sono illusi, conquistati e coinvolti proprio con l’ottica e quella magia che è propria di un desiderio per un futuro migliore. In particolare, tra tutti, sono Nuccio Forleo e Michele Persico a procedere prima in società e poi singolarmente per quella avventura della piccola attività imprenditoriale. Ecco allora che si tuffano nelle onde agitate e cercano di perseguire quel successo anche se questo significa uno sfruttamento senza eguali dei propri dipendenti, poi della globalizzazione e non di meno della delocalizzazione per ridurre i costi, per nuovi traguardi, per maggiori e palpabili guadagni. Ma c’è davvero possibilità per tutti o forse dietro lo scenario rappresentato si cela invece una maschera in cui il sistema fagocita e inghiotte sacrificando il pesce piccolo ma non lo squalo di turno?

A far da cornice il mondo operaio. Un universo che spesso non ha volto o a cui non vogliamo riconoscerglielo. Un universo non identitario ma nemmeno più collettivo perché il cambiamento, le nuove dinamiche del mercato, le nuove forze economiche hanno siglato e puntato verso una disgregazione della stessa categoria non più capace nemmeno della propria capacità contrattazionale.

Cambia il mondo e cambia anche il mondo dei lavoratori che oggi è governato da una dimensione ipocrita di un benessere diffuso e alla portata, ipotetica nel concreto ma non nell’affermato, di tutti. Un’illusione, una convinzione da diffondere e a cui far credere quando in realtà altro non è che appunto una bieca utopia. Che poi si infrange e lascia disillusi e amareggiati. In nulla vi è conforto o aiuto, nemmeno nella classe politica che è la prima, probabilmente, ad essere corrotta. E se tu lavoratori ti lamenti? E che problema è, spostiamoci nei paesi poveri, delocalizziamo, sfruttiamo la manodopera di luoghi in cui i vantaggi fiscali sono tanti, il potere sindacale è in mano allo squalo e non al piccolo pesce, eliminiamo il surplus, sbarazziamoci del lavoratore contrario o inutile o non disposto a scendere a compromessi.

“La meccanica del divano” è un romanzo che lascia amarezza, intriso di tanto realismo, narrato con sarcasmo e con uno stile che si plasma alle esigenze delle nuove connotazioni con cui lo stesso mondo del lavoro necessita di essere narrato in virtù del suo stesso cambiamento.

Non mancano nemmeno le analisi economiche, le evoluzioni dell’impostazione neoliberista, riflessioni sulla realtà sindacale e il suo indebolimento, sul know-how che si è svenduto e delocalizzato, su un lavoro non proporzionato all’effettiva manovalanza.

È uno scritto che ha la capacità di suscitare empatia nel lettore per quella sensazione di déja vu che accompagna soprattutto nella parte iniziale per poi distaccarsene e condurre per quella che è una perfetta fotografia del nostro quotidiano vivere nel contemporaneo. A far da riprova il fatto che lo stesso divano, un oggetto che chiunque può avere in casa, può arrivare ad assumere un carattere simbolico e totemico tanto da tradursi in un oggetto di comodità tipicamentte borghese. Il risultato è una narrazione nichilista, irriverente e ironica che ha quale obiettivo quello di interrogare il lettore e interrogarsi sui veri valori del vivere. Valori che sono mutati nel tempo, che hanno assunto diversa forma e che si sono plasmati in funzione di nuove esigenze dettate anche da un capitalismo che non lascia spazio ad ambizioni, sogni, desideri o altro.

«Magari un’altra volta. Volevamo qualcosa di diverso, che attizzasse il pubblico. Quella roba non fa più notizia. Comunque ha ragione, per noi rappresenta un punto di svolta. Da lei – non foss’altro che per aggiornare le notizie che riguardano il profilo aziendale – attendevamo invece indicazioni sul suo successore. Tutta la stampa si interroga. Sarà maschio o femmina?» p. 170



Categorie:Libri, Narrativa

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