“Sonderkommando Auschwitz” di Shlomo Venezia

Trattandosi di prigionieri comandati ad accompagnare gli internati nelle camere a gas, per poi recuperarne i corpi da seppellire nelle fosse comuni

Trama: “Tutto mi riporta al campo. Qualunque cosa faccia, qualunque cosa veda, il mio spirito torna sempre nello stesso posto… Non si esce mai, per davvero, dal Crematorio.” Sono parole di Shlomo Venezia, ebreo di Salonicco, di nazionalità italiana; è uno dei pochi sopravvissuti del Sonderkommando di Auschwitz-Birkenau, una squadra speciale selezionata tra i deportati con l’incarico di far funzionare la spietata macchina di sterminio nazista. Gli uomini del Sonderkommando accompagnavano i gruppi di prigionieri alle camere a gas, li aiutavano a svestirsi, tagliavano i capelli ai cadaveri, estraevano i denti d’oro, recuperavano oggetti e indumenti negli spogliatoi, ma soprattutto si occupavano di trasportare nei forni i corpi delle vittime. Un lavoro organizzato metodicamente all’interno di un orrore che non conosce eccezioni: il pianto disperato di un bimbo di tre mesi, la cui madre è morta asfissiata dal gas letale, richiama l’attenzione del Sonderkommando, lo scavare frenetico tra i corpi inanimati, il ritrovamento e subito dopo lo sparo isolato della SS di guardia che ammutolisce per sempre quel vagito consegnandolo alla storia. Per decenni l’autore ha preferito mantenere il silenzio, ma il riaffiorare di quei simboli, di quelle parole d’ordine, di quelle idee che avevano generato il mostro dello sterminio nazista ha fatto sì che dal 1992 abbia incominciato a parlare, e quei racconti sono la base della lunga intervista che è all’origine di questo libro. Prefazione di Walter Veltroni.

Valutazione

“Siamo tutti vittime e carnefici” ci ricorda Umberto Tozzi ne “Gli altri siamo noi”, e mai definizione fu così calzante. La desolante avventura greca dell’Italia fascista sembra lasciare degli spiragli per la popolazione ellenica, ma l’intervento nazista cambia le carte in tavola. Shlomo Venezia, da principio protetto dal passaporto italiano, vede le sue certezze sgretolarsi con il trasferimento dalla natìa Salonicco ad Atene: mai scelta poteva rivelarsi più sbagliata, per se stesso e la famiglia. Catturato tra le file dei partigiani, dopo dodici giorni di viaggio trascorsi in inimmaginabili condizioni igienico-sanitarie, giunge nel più famigerato campo di concentramento della storia. Passata la prima “selezione” (la maggior parte dei nuovi “ospiti” viene uccisa direttamente all’arrivo: perché?) l’autore viene destinato al famigerato Sonderkommando. Non c’è tempo per pensare alle bugie da raccontare alle prossime vittime, al rimorso per essere parte integrante di un sistema diabolico e aberrante: ribellarsi oppure solo interrogarsi sul proprio ruolo comporterebbe il rischio di indicibili rappresaglie, quasi sempre la morte. I Kapos, smaniosi di mostrare le proprie capacità di mantenere l’ordine agli occupanti tedeschi, si macchiano delle peggiori atrocità. Con la rilevante eccezione del Kemke, il cui ruolo si rivelerà decisivo durante la drammatica rivolta del Sonderkommando, Venezia presenta un carosello d’impresentabili, su tutti l’Oberscharführer Moll.

Nella quotidiana lotta per la sopravvivenza, il processo di disumanizzazione dell’uomo assume tinte drammatiche: “Ormai eravamo diventati animali, non più uomini” ricorda l’autore a pochi giorni dall’inizio delle famigerate Marce della morte. Il linguaggio del protagonista, per quanto asciutto e didascalico, non riesce a mascherare nel lettore la sensazione di orrore e sgomento provata dal Venezia. Lui, nonostante tutto, ce l’ha fatta; ma a quale prezzo? Perché, come lui stesso ci ricorda: “Non si esce mai, per davvero, dal Crematorio”.      

Testimonianza unica, lettura da brividi, per non dimenticare e ripetere, mai più.

Giudizio:5/5



Categorie:Libri, Storico

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