Un libro complesso e scritto da una penna certamente qualificata. Ana Maria Matute, spagnola e geniale, ricca di doti particolarmente originali, di scrittura e composizione di una storia, ci ha lasciato un libro che non è solo magia e incanto, ma anche passione e dramma, conflitto e mistero.
Trama: Espulsa dal convento dove studiava dopo aver dato un calcio alla priora, abbandonata dal padre e orfana di madre, l’adolescente ribelle Matia viene mandata a trascorrere i mesi estivi con la ricca nonna sull’isola di Maiorca: un luogo al tempo stesso incantato e malvagio, dove si scontrano odi antichi e passioni odierne mentre il sole brucia attraverso le vetrate e il vento si lacera contro le agavi. Nella calda e opprimente quiete di un’estate adolescenziale, Matia trama con il cugino Borja tra lezioni di latino, sigarette rubate fumate di nascosto e fughe clandestine con una piccola imbarcazione nelle cale più recondite. Compagni di scorribande sono gli altri ragazzini dell’alta borghesia costretti come loro alla reclusione sull’isola, ma anche i giovani del posto, tra cui spicca Manuel, figlio maggiore di una famiglia emarginata da tutto il paese per il quale Matia prova un conturbante sentimento a cui non riesce a dare un nome. Il sordido mondo degli adulti nasconde molte incognite: gli uomini scompaiono misteriosamente, mentre le donne fumano alla finestra scrutando il mare in attesa di un ritorno. È il 1936, la guerra civile appena scoppiata sembra lontana ma quasi segretamente si sta combattendo anche sull’isola, e l’eco del conflitto si fonde con quella dell’Inquisizione e dei roghi di massa degli ebrei avvenuti nei secoli precedenti. La vita insulare è solcata da linee dolorose e divisive, e diventare grandi vuol dire anche scegliere da che parte stare
Storia, malavita e pulsione sociale e sentimentale. Questo perché la storia viene trattata si su un’isola e per questa ragione riesce a regalare quell’atmosfera tipica del sogno e della trepidante attesa ma anche perché, effettivamente, le isole sono raccoglitori di conflitto.
Come quei rioni o quelle cittadine di provincia, anche qui devi scegliere da che parte stare, da che punto dell’isola condurre la tua vita. Ecco che allora tutto diventa più chiaro e dalla vacanza sull’isola di Maiorca della giovane e vivace Matia, protagonista del libro, si passa ad analizzare dinamiche più vaste che portano a considerare anche il mondo della guerra, un turbolento scenario bellico che ancora confonde e rende inquieti, poi ci sono le famiglie che non sempre sanno gestire le relazioni e la quotidianità e i ragazzi che si ritrovano ad essere gli adulti della situazione nonostante siano degli eterni bambini.
Tra il fumo di una sigaretta di Matia o delle donne dell’isola, perlopiù rubata, segnale del furto costante, del contrabbando e della propensione all’uso di droghe per evadere dalla realtà, ecco che pare quasi di vederla l’isola felice con tanto di copertina colorata che il libro vuole farci per forza vedere. È una forzatura: l’isola nasconde molto dolore e tra le pagine si coglie anche il non scritto, che va oltre la sofferenza appena percepita.

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