La storia si dipana in due paesi talmente distanti tra loro da diventare quasi irreali l’uno per l’altro.Gregorio Zafarone, italiano, lavora in uno sperduto villaggio del nord del Cile.Berto Macaluso è il panettiere di Palmira, un paesino di poche anime nella Lucania degli anni venti del Novecento.
Li unisce un passato d’amicizia trasformatasi in passione, un ricordo che nemmeno oceani e terre possono oscurare.
Poi ci sono le donne, figure in contrasto ma complementari, Serafina e Dorotea. Storie presenti e passate si intrecciano inesorabilmente con credenze popolari, tanto diverse quanto similari come se ogni piccolo paese del mondo si assomigliasse.
La ninna nanna, o meglio, le ninne nanne diventano il filo conduttore di tutta la narrazione insieme alle mosche, collegano passato e presente, superstizioni e realtà. Le mosche diventano una metafora, rimembranze di una leggenda antica.
Troviamo elementi magici e soprannaturali (che mi hanno ricordato il realismo magico di Isabel Allende), riferimenti importanti al fenomeno migratorio italiano verso la “Merica”. Elemento che mi ha colpita moltissimo è l’oralità, la tradizione del tramandare storie, folklore e ninne nanne, soprattutto attraverso le donne che erano il vero fulcro della famiglia. Ovviamente la centralità del romanzo è basata sulla storia dell’amore omosessuale ma è talmente ricca di contorno che a volte perde la sua centralità per divenire filo da tessere in questa tela incredibile che è questo romanzo.

Rispondi