Antonio Manzini è tornato in libreria con un nuovo capitolo delle avventure dedicate al suo fortunato protagonista, Rocco Schiavone. Tra le pagine di “Vecchie conoscenze” le atmosfere sono però molto diverse da quelle che abbiamo conosciuto nei precedenti romanzi della serie.
«All’improvviso ti trovi davanti al bivio più difficile da affrontare, oppure davanti a scuola ti bollano con un marchio indelebile. La vita non avverte, picchia senza preavviso.»
Schiavone si trova ancora una volta alle prese con un caso di omicidio da risolvere, una rottura di decimo livello, come suole dire. La vittima è la signora Sofia Martiner, una donna famosa nel mondo dell’arte per il suo passato e le sue valutazioni da esperta nel settore, divorziata dal marito e madre di un unico figlio più disperato che mai.
La Martiner viene rinvenuta priva di vita all’interno del suo appartamento a causa di un colpo alla testa. A rinvenirla è una donna del condominio in cui abita, una donna che ha lavorato con il sangue e che il sangue sa riconoscere anche solo dallo sguardo e non solo dalla sua consistenza o odore. Schiavone con la sua squadra interviene e subito si rende conto che la donna ha ragione: la Martiner è morta ed è chiaro che è stata assassinata. A far la differenza è quella paura che vede negli occhi del suo sospettato, una paura che non è propria di un omicida.
Ecco perché decide di non fermarsi e di andare avanti nelle indagini. Al contempo, però, fantasmi del passato tornano a visitarlo, “Vecchie conoscenze”. E talvolta sono proprio queste quelle che più sanno deluderti e lasciarti quell’amaro in bocca. Perché tu credevi in loro e mai ti saresti aspettato che proprio loro potessero celare altrettanti oscuri fantasmi.
«Lui lo sapeva, ci sono dei giorni in cui si percepisce che un pezzo della nostra vita se n’è andato, e seppelliamo la nostra faccia di una volta perché non ci appartiene più. La faccia, quella ce la disegna il tempo, ogni ruga per ogni sorriso strappato, le diottrie in meno per ogni riga che non volevamo leggere, i capelli abbandonati chissà dove insieme al loro colore, e quello che vediamo spesso non ci piace, ma è soltanto l’inizio di un nuovo episodio della nostra esistenza. Ci conviene conservare ciò che rimane per poterlo portare avanti, fino alla prossima stazione quando anche quest’altro pezzo della vita non ci apparterrà, e avremo allora un’altra faccia, altre rughe.»
Ed ecco allora che l’amarezza è pulpito, è costante. Non vi è spazio per altro se non per questa nuova consapevolezza.
Uno Schiavone stanco, amareggiato, ancora più disilluso è quello che colora queste pagine, eppure, è anche uno Schiavone che coinvolge e trattiene ancora e ancora. Ancora più che mai. Un capitolo delle avventure che conquista e non delude le aspettative degli appassionati aggiungendo quel tassello in più a una serie che per sua natura ha tanto ancora da offrire.

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