CARLA PERROTTI: la forza mentale mi permetteva di superare le difficoltà

Nel nostro appuntamento, oggi ho il piacere di farvi conoscere l’esploratrice e scrittrice milanese: Carla Perrotti @carlaperrottideserttheraphy. Una grande “recordwoman” italiana che ha dedicato tutta la vita alle esplorazioni dei luoghi più selvaggi e aridi dei cinque continenti.

Ha attraversato in solitaria vaste aree desertiche, riuscendo a superare ogni avversità incontrata lungo il suo cammino: dalla mancanza d’acqua, alla solitudine e agli sbalzi termici tipici di quei luoghi inospitali. Grazie a un corpo allenato, resistente unito a una grande tenacia e forza di volontà è riuscita dove molti prima di lei avevano fallito. Carla è conosciuta in tutto il mondo per essere stata la prima donna ad attraversare a piedi, da sola, cinque aree desertiche di quattro continenti, di cui uno mai esplorato a piedi dall’uomo: il deserto cinese di Taklamakan. Per me è stato un vero piacere intervistarla.

Qual è stata la molla che le ha fatto scattare il desiderio di attraversare i deserti?

Per caso. Infatti, andavo già con mio marito in giro per deserti durante le vacanze e all’improvviso mi è venuta la voglia di conoscere più approfonditamente il deserto, di viverlo dal “di dentro”, come lo vivono i nomadi: le persone che ci abitano. Dopo essere stata accettata dalla carovana del sale sono partita insieme ai Tuareg e 200 cammelli per attraversare il deserto del Tenere’. Procedere con una carovana e cammelli non è come andare con le macchine. Si scoprono così nuove abitudini di vita, i ritmi diversi, un nuovo atteggiamento. Ho trovato davvero molto affascinante questa tradizione, che ormai non esiste più, quella ovvero di trasportare sale e scambiarlo con altre merci e beni di prima necessità. Da lì poi è nato tutto!

Cosa ha contato un po’ di più nei suoi viaggi in solitaria, la concentrazione mentale o l’indiscussa resistenza e forza fisica?

Entrambe le cose sono indispensabili. La preparazione fisica è fondamentale, sono stata seguita negli allenamenti da un preparatore atletico, facendo un training molto intenso. Tra un’impresa e l’altra passavano due anni. Nelle traversate quando mi trovavo in grosse difficoltà era la forza mentale che veniva fuori e che mi permetteva di superare le difficoltà. È la testa quella che alla fine e sempre fa la differenza, ed è quella che determina se continuare o mollare nei momenti difficili.

Quando ha avuto più paura di non farcela?

Quando non avevo più l’acqua. Mi trovavo nel Deserto del Kalahari in Botswana insieme a un cacciatore boscimane e lì l’acqua non si trovava. Non c’erano infatti dei pozzi, come nel deserto del Sahara, sempre disponibili, questa cosa mi avrebbe certamente bloccata. Ancora non c’erano i telefoni satellitari, quindi mi sono posta un limite. Porsi dei limiti è fondamentale. Mai superarli, bisogna cercare di raggiungerli, di spostarli, ma mai superarli. Poi alla fine per fortuna siamo arrivati in un piccolo villaggio boscimane dove c’era l’acqua e così siamo riusciti ad andare avanti. Quella è stata un’ esperienza molto forte. In quel caso, con la mente non si riesce più a controllare la situazione. Si riesce a controllare il dolore, la fame, ma non la sete: è impossibile. In quei casi la testa inizia a partire. Con l’aiuto del deserto sono sopravvissuta. Perché credo che il deserto sia un’entità non un semplice luogo geografico, per me è un complice, un amico,. Questa è l’unico modo per affrontarlo ed andare avanti. Se lo si vede come un avversario non si può continuare.

Qual è il deserto poi bello che ha esplorato?

Ogni deserto nella loro diversità ha un proprio fascino e una sua personalità. Non sono mai riuscita a fare una classifica di preferenze. Forse però è stato Il deserto cinese di Taklamakan, quello che più mi appartiene. Quello dove sono stata più: 24 giorni. Un deserto mai percorso da nessuno, nemmeno da nomadi perché lì non esiste una tradizione di nomadismo. Un deserto molto imponente, e assolutamente sconosciuto ai tempi. Non esistevano delle mappe affidabili perché nessuno c’era mai entrato prima. Il nome stesso vuol dire deserto della morte irrevocabile. Quel luogo aveva una forza incredibile, che si sentiva addosso. Un qualcosa che non mi sono mai sentita come nemico, e questa sensazione di deserto amico, complice, che in qualche modo ti abbraccia e ti accoglie; è una cosa che ho pure riscontrato nei mie viaggi di desert therapy. Sono infatti ormai 11 anni che accompagno persone comuni a camminare nei deserti. E tutti provano questa stessa mia sensazione. Una volta superata la paura della prima volta e stanno dentro, dicono tutti che è un’esperienza fantastica, ci si sente proprio avvolti e protetti. Il deserto, infatti, è in grado di trasmettere un grande senso di pace. Da febbraio dell’anno scorso quando c’è stato il primo lockdown, tutti hanno deciso di mantenere l’iscrizione ai viaggi nel deserto e sperano che questa pandemia possa finire il prima possibile e permetterci finalmente di ripartire. Si sono convinta che tutti hanno bisogno di molto deserto quindi, di pace e libertà !

In questo periodo di quarantena quanto le è mancata la libertà che offrono gli spazi aperti

Ora mi trovo in un paesino di 300 abitanti in provincia di Varese, in mezzo ai boschi, con tutta la mia famiglia e sono vicina a mio figlio, quindi durante questo secondo lockdown ho avvertito poco questa mancanza di libertà. Il primo lockdown, invece, l’ho fatto da sola a Milano ed è stato molto più pesante. Invece ora qui c’è molta libertà, sono in mezzo alla natura e lo spazio non mi manca. Però penso a chi ha avuto la difficoltà di condividere spazi piccoli con dei bambini e questo credo debba essere stato molto duro. Anche se alla fine si deve in qualche modo trovare dentro di sé la forza per continuare. Perché tutti noi abbiamo le risorse e dobbiamo semplicemente imparare ad usarle. La pandemia finirà, come nei deserti c’è una fine, anche in questa situazione la fine c’è. Bisognerebbe viverla in maniera razionale, cioè come un’opportunità. Per alcuni la possibilità di stare più vicini ai propri figli, di stare in famiglia, per altri di fare cose che prima non potevano fare. Per chi è solo la possibilità di guardarsi dentro, di capire chi è, dove vorrebbe andare e quali progetti vorrebbe realizzare dopo. Che poi è quello che io facevo durante le traversate nel deserto. Anche nella solitudine c’è qualcosa di positivo. Questa situazione finirà e l’importante è avere dei progetti, senza chiudersi in se stessi e lamentarsi, che non serve a nulla. Bisogna sempre andare avanti e non mollare. Anche perché la nostra testa ha grandi capacità. Il senso di vuoto capita nei deserti, si avverte molto spesso. Ho scritto tre libri. Nel mio secondo libro “Silenzi di Sabbia”, pubblicato nel 2007, descrivo bene questo senso di vuoto e come superarlo e gestirlo. Questo libro tratta di come superare delle situazione molto difficili senza la possibilità di contattare nessuno, di come riuscire a crearsi un bozzolo intorno e trovare un modo anche di non pensare. Una tecnica che ho imparato è quella di far passare il tempo senza pensare. Durante il lockdown la solitudine, grazie ai social, invece non si è sentita moltissimo. La cosa più brutta è stata quella di non aver avuto contatti fisici con i propri cari, senza nemmeno un abbraccio. È stato un momento molto difficile sia per gli anziani e anche molto difficile per i giovani che si sono trovati solo ed isolati chiusi in casa. L’importante adesso è non chiudersi in se stessi. Bisogna reagire e tirarsi fuori da questa condizione. Sperando il prima possibile di ritornare a viaggiare.

Grazie mille 🌟

Voi cosa ne pensate?

Scrivetelo qui

Al prossimo appuntamento

Valeria

Art Promoter



Categorie:D-Interviste, La FORZA

2 replies

  1. Ma che bello leggerti Carla. Spero al più presto come mia abitudine salutandoti con le solite due parole. Al prossimo deserto Carla. Ritina

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  2. Ciao Carla è bello avere tue notizie. È purtroppo tanto tempo che non ci vediamo. Leggo che ti sei trasferita quindi non avremo più il piacere di vederti al Malaspina . Però i bei ricordi rimangono. Un abbraccio a te Max e a tutta la famiglia. Liliana enrico

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