#Andrà tutto bene… #Io resto a casa.. Nel 2020 erano gli inni che ogni giorno riecheggiavano tra le finestre aperte per il caldo, fuori dal normale, o li leggevamo sui muri, nelle rare volte che si riusciva a uscire.
Era marzo 2020 quando l’Italia si fermò a causa della pandemia e, nell’assenza, la gente riscoprì il vicino, l’amico, la famiglia, il canto, gli strumenti musicali anche improvvisati e il gioco tra un palazzo e l’altro. Abbiamo imparato parole come smart working (che nei paesi anglosassoni non ha lo stesso significato che gli abbiamo attribuito noi), DAD, dpcm o applicazioni come Zoom, StreamYard o Meet.

Si parlava di cambiamenti verso il prossimo, di amore e amicizia, di tolleranza ed eravamo tutti buoni e pazienti; il momento lo imponeva e tutti noi abbiamo abbassato la testa ai vari proclami e ci siamo adeguati.
A un anno di differenza quelle famose parole Andrà tutto bene… dove sono finite? In altri infiniti micro lockdown. A distanza di 12 mesi tutti i buoni propositi sono cambiati. Viene da chiedersi: “Dov’è tutto l’amore, la pazienza, l’educazione e la tolleranza di cui facevamo vanto?” Forse smarriti come tutte le promesse che sono state fatte e immancabilmente deluse.
Dobbiamo dare la colpa a qualcuno? Forse sì o forse no, magari dobbiamo incolpare solo noi stessi che a volte non seguiamo i consigli sul distanziamento e sugli assembramenti. Pare che dopo un anno non si riesca più ad ascoltare nessun consiglio istituzionale, nemmeno la propria coscienza.
Ora l’attesa è per questo benedetto vaccino e intanto si torna verso la chiusura preventiva e il pensiero va a quelle attività economiche, imprenditoriali che soffrono maggiormente e che, pare, il Governo faccia fatica ad aiutare. Viene da dire: siamo i soliti italiani.
E’ stato promesso tanto e poco si è visto; forse sarebbe meglio parlare di meno e agire di più o davvero l’Italia non uscirà, non dal covid, ma dal fango in cui è finita.
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