Abbiamo il piacere di intervistare l’Executive Chef Giovanni Caracciolo. Dopo aver frequentato il Collegio Rosmini di Stresa, a soli 19 anni incomincia il suo percorso professionale, spinto dalla passione per il cibo e dalla creatività. Il nome Giovanni Caracciolo compare su diverse riviste e quotidiani, come il noto giornale francese Le Figaro. Molti sono i programmi televisivi di Rai Due sull’uso dell’aceto balsamico in cucina. Nella classifica dei ristoranti, per 3 anni, lo Chef finisce al secondo posto con l’Osteria Francescana di Bottura di Modena. Parallelamente, tiene numerosi corsi di cucina e consulenze (citiamo la riapertura del ristorante stellato dell’Hotel Devero a Dalmine).
– Buongiorno Chef Caracciolo, la ringrazio di essere tra le nostre pagine. Può rivelarci qualcosa di lei? Le rivelazioni sono sempre… intriganti… ma diciamo che a 8 anni presi una sedia in cucin, un libro di Lisa Biondi di madre e mi innalzai alla cucina in senso pratico del termine… e feci la mia prima zuppa di cipolle alla francese. Ottimo risultato … mia madre però rimase un po’ stranita… ma direi che si può capire che amavo già i… fornelli!!
– Com’è riprendere dopo il lockdown, la ristorazione è stata notevolmente messa in ginocchio: Riprendere dopo il lockdown?… Le riprese sono sempre un grande quesito… le risposte… sono incerte, ma le dico… io sostengo che chi ha sempre lavorato bene, lavorerà ancora e forse di più. Penso che qualsiasi buon imprenditore debba sempre tenere presente che in una attività c’è sempre e ci sarà sempre l’imprevisto!! Mai pensare che non possa capitare. Certo la volontà a volte non basta, ma mollare a priori non e cosa da professionista .
– Ritiene che qualcosa sia cambiato in questo periodo? Le persone. Le loro priorità, ciò che prima era scontato almeno in alcune cose intendo, oggi non lo è più. Oggi la gente ha capito che se devi uscire e andare cena per esempio deve valerne veramente la pena, perché hanno scoperto che il “normale” a casa è meglio!!!
– Ha girato il mondo per lavoro portando l’italianità in ogni ristorante nel quale ha lavorato; qual è la cucina, oltre quella italiana, che può lasciare il segno alle papille gustative? Assolutamente la francese che io amo e ogni tanto fondo alla mia creatività!!
– La sua cucina è definita “creativa con base mediterranea” quindi usa prodotti tipici, questo è importante per far conoscere il territorio. Noi siamo curiosi di conoscere il suo piatto preferito: Devo qui usare le parole di un altro e mi pesa mi creda! Ma Oliviero Toscani disse una volta in un’intervista alla stessa domanda: “lo scatto più bello? Mmm vediamo… sì, lo scatto più bello è quello che devo ancora fare!” Per me è così da sempre, faccio un piatto e lo definisco perfetto, ma poi ne faccio un altro e quello è perfetto, ugualmente perfetto, ma forse meglio e via così! Non c’è in effetti un piatto… lo devo ancora creare.
– Negli ultimi anni la televisione è invasa da programmi culinari italiani e stranieri, ci può dire se questa tendenza continuerà? Quello che le posso dire… sarà eretico non so se lo potrà scrivere, i programmi tv sulla cucina, e tutti questi show , creano solo confusione, un danno a chi il lavoro vero lo fa e ai giovani che lo vorranno fare. Offrono un’idea di cosa non è questo lavoro. Sono un business televisivo e va bene per carità, ma il lavoro di chef è un lavoro diverso, complesso non si riduce solo a un piatto fatto bene, e la vita di cucina, non è quella che fanno vedere, È stato un bene sicuramente tutto ciò, perché ci ha dato visibilità e ha fatto diventare il lavoro di “cuoco” come diceva uno dei miei più amati maestri Gualtiero Marchesi, il lavoro degli ultimi 10 anni.
Penso due cose a riguardo : La prima e che secondo me, era meglio quando questo lavoro, professione, veniva seguito più da voi della stampa. Secondo questa cosa inevitabilmente ha creato delle problematiche in più. Questo è lavoro duro, eppure è ovvio che ormai la gente, anche chi con la cucina non ha mai avuto niente a che fare, oggi va nei ristoranti e magari davanti a professionisti con 30 anni di esperienza ai fornelli, danno consigli e suggerimenti; fanno critiche che non hanno alcun senso, e soprattutto ormai si sentono tutti dei sommelier, maître, e immancabilmente chef affermati. Conosco architetti, bancari, gente che faceva professioni diverse e che dopo aver fatto un corso ben pagato di qualche mese hanno cambiato vita e mettersi a fare gli chef; ma la cosa più assurda è che c’è qualche imprenditore che dà in mano a personaggi come questi nelle gestioni di cucine. Direi che io amo l’arte e l’architettura penso di avere anche gusto, ma la passione non può essere maggiore della conoscenza! Le faccio un esempio pratico: sarebbe pericoloso se io dessi consiglio a un ingegnere e architetto sulla costruzione di un ponte, non crede? Inutile dire cosa potrebbe accadere se i conteggi, le pressioni, le dinamiche non fossero precise, cose che solo un esperto sa.
– I suoi prossimi progetti? Prossimi progetti? Una seconda intervista con lei!
…No creativity, no life! No innovation, no future!
Executive Chef Giovanni Caracciolo
Life Factory Magazine La ringrazia per il suo tempo e le augura buon lavoro
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