Premessa, Isabel Allende è la mia scrittrice preferita sin da quando pochi anni fa lessi Ritratto in seppia per puro caso…. E mi innamorai.
Ho atteso con trepidazione il momento adatto per iniziare questo romanzo, e in meno di due giorni ero già alla fine.
Devo ammettere che inizialmente ho fatto fatica, eh si… Molta politica, moltissima. Ma in fin dei conti Isabel ha sempre parlato di politica nella maggior parte dei suoi più vecchi romanzi (i migliori).
La storia è quella della guerra civile spagnola degli anni ’30 che portò Franco al potere e la creazione dei campi profughi di Argelès-sur-Mer in Francia. É anche la storia del golpe di Pinochet, che portò la dittatura in Cile. Ma per me è sopratutto la storia di Victor Dalmau (che è realmente esistito nella persona di Victor Pey) e Roser, della loro amicizia, della loro fede incrollabile dell’uno verso l’altra, del rispetto reciproco e dell’amore.
Un racconto toccante, intenso e al tempo stesso elegante. La scrittura magistrale è la garanzia della Allende, che riesce a trasportare il lettore nella trama, con personaggi realmente esistiti e personaggi inventati in un amalgama eccellente.
Risulta davvero molto interessante la figura di Pablo Neruda e di sua moglie, la pittrice Delia del Carril. Ed è proprio dal grande poeta e da una sua citazione che prende il titolo questo libro “lungo petalo di mare” ovvero il Cile.
<<La mia vita è stata una serie di navigazioni, sono andato da una parte all’altra di questa terra. Sono stato uno straniero senza sapere che avevo radici profonde…>>
Genere: Narrativa
Edito: Feltrinelli
Pagine: 352
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